Quando mia figlia ha avuto un figlio, ero felicissima. Ho deciso subito di aiutarla: so quanto sia difficile conciliare il lavoro con la cura di un neonato. Andavo da loro quasi ogni mattina e rimanevo fino a sera. Allattavo il bambino, lavavo i pannolini, passeggiavo al parco, lo cullavo per farlo addormentare, mentre mia figlia lavorava.
Non mi aspettavo gratitudine. Essere vicina a loro mi rendeva felice. Ma un giorno è successo qualcosa che non mi aspettavo.
Dopo la passeggiata, sono andata in cucina e ho preso una mela e un pezzo di formaggio, come spuntino. E poi ho sentito la voce di mia figlia:
«Mamma, per favore non prendere niente dal frigo. Questo è il nostro cibo, lo compriamo con i nostri soldi.»
Mi sono bloccata.
«Mi dispiace, non intendevo dire questo… Sono solo un po’ stanca. Tutto il giorno con un bambino…»
«Capisco», rispose. «Ma puoi portare del cibo. Questo non è un bar.»
Sentivo tutto stringersi dentro di me. Non per il cibo, ma per come era stato detto.
Ci ho pensato a lungo quella sera. E la mattina dopo ho chiamato mia figlia e le ho detto con calma:
«Tesoro, devi trovare una babysitter. Non posso venire per un po’. Sono stanca di stare in una casa dove non mi sento benvenuta.»
«Cosa?» Non nascose la sorpresa. «Mamma, fai sul serio? Sai quanto ci aiuti!»
«Lo so. E l’ho fatto con amore. Ma non sono una babysitter. Sono una nonna. E voglio che questo venga rispettato.»
La conversazione non è stata facile. Ma ho capito che a volte bisogna parlare dei propri sentimenti, non per dispetto, ma per comprensione reciproca.
Amo ancora mio nipote con tutto il cuore. Ma a volte, per tenere unita la famiglia, bisogna fare un passo indietro e mostrare agli altri quanto si è preziosi.
